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AvatarMaurizioSamarcanda 2016
Samarcand express 2016

PERIODO: Agosto 2016 > GIORNI: 38 > KM: 14000
PAESI ATTRAVERSATI: Grecia Turchia Iran Azerbagian Kazachistan Uzbechistan Russia Ucraina Ungheria Slovenia

Samarcanda 2016: SAMARKAND EXPRESS 2016 - BIKERS SENZA FRONTIERE
Trentotto giorni straordinari, in solitaria, in un viaggio di 14000km di autentico fascino ed adrenalina; tra i miti dell’antichità e la realtà della nuova Asia Centrale, alla scoperta della città simbolo della Via Della Seta, Samarkanda.
Attraverso una Turchia in subbuglio, un sorprendente e singolare Iran, uno sconosciuto Azerbaigian, percorrendo le vie della potente Madre Russia e dell’Ucraina. Sulle strade della pacifica Ungheria, della Grecia e della rilassante Slovenia; navigando sulle ignote acque del Mar Caspio a bordo di un misterioso traghetto, fino alle polverose e rovinose strade del Kazakhstan, intrecciando il cammino di dromedari e cammelli, per giungere finalmente nella terra di Tamerlano, di Alessandro Magno, di Gengis Khan, l’Uzbekistan. Paese, per i più sconosciuto, se non per sentito nominare a causa del più grande disastro ambientale procurato dell’uomo, quello del Lago d’Aral. Eppure, Paese ricchissimo di straordinarie meraviglie architettoniche ultramillenarie, custodite soprattutto nelle affascinanti città, raggiunte anche da Marco Polo: Khiwa, Bukhara e ovviamente la leggendaria Samarkanda.
Sono in viaggio verso la nuova avventura, preparato ad affrontare vari ed eventuali problemi che la strada mi presenterà. Il primo, sarà certamente l’incognita del Turkmenistan: mi concederà o meno il visto d’ingresso questa strana Nazione? Diversamente, dovrò modificare il percorso previsto e tagliare anche dei siti importanti, che ho previsto di visitare in Iran.
La moto, caricata solamente dello stretto indispensabile, è comunque sempre troppo carica. C’è sempre troppo roba, forse perché, ogni buco ogni piccolo vano è sfruttato per collocare, legare incastrare qualche cosa … “forse questo mi può servire …”
Le valigie in alluminio, sono ottime; capienti, impermeabili all’acqua, alla polvere, sganciabili velocemente e robuste, anche in caso di caduta. La borsette intessuto, montate sopra di esse, sono praticissime, ottime per stipare oggetti di rapido utilizzo, come l’acqua da bere per esempio. In una di esse, ci ho spinto dentro quattro bottiglie da un litro e mezzo ... quando si fa un po’ di deserto, è sempre meglio abbondare. La borsa da serbatoio è riempita con vivande e fornello, mentre sui tubi para motore, due borsette morbide per il compressore da 12 volt, catena anti furto ed altre piccole cose pesanti. Alleggerire il posteriore è l’idea di base, sostituendo il bauletto posteriore, con una piastra porta tutto in alluminio, più la sacca impermeabile.
La Grecia e la Turchia scorrono veloci sotto le ruote della piccola Kawasaki, arrivando in Iran in pochi giorni. Per la seconda volta nel giro di due anni, varco questo stesso confine. La prima volta, nel 2015, ero un po’ teso, pensando a quale sorte mi sarebbe capitato nell’entrare in un Paese così fortemente descritto dai media come pericolosissimo; niente di più falso. In questa seconda occasione invece, varco il confine del sorprendente Iran, sentendomi rassicurato e felice di incontrare nuovamente il suo straordinario popolo, e lasciandomi alle spalle, una Turchia che purtroppo vive delle serpeggianti agitazioni interne.
Come temevo, il Turkmenistan mi rifiuta la lettera di invito e quindi, niente visto. Ci contavo, ma francamente, non ci speravo più di tanto. Per raggiungere il Kazakistan, a questo punto, non mi rimane altro che entrare in Azerbaigian (fare in visto d’ingresso presso un’agenzia in Iran) e navigare da una parte all’altra il Mar Caspio, presumibilmente da Baku fino ad Aktau. Fortunatamente, in pochi giorni una professionale agenzia turistica di Tabriz, mi risolve il problema del visto, così, da lì a poco, mi ritrovo in Azerbaigian, sul porto di Alat, e non quello di Baku che tutti mi indicavano, ad attendere con estrema pazienza la nave cargo, che mi porterà ad Aktau.
Tutto fila in maniera perfetta, a dispetto delle più pessimistiche fantasie che mi ero fatto, avendo a disposizione un visto risicato di solo transito, valido per 5 giorni, concessomi per attraversare l’Azerbaigian e prendere la nave; dove ho perso un solo giorno nella frontiera Azzera a causa delle loro fantasiose e ferruginose formalità burocratiche. L’attraversamento trasversale del Mar Caspio si traduce in una pausa relax di 24 ore di navigazione. La nave, riempita solamente da 35 Tir kazaki, russi, azeri o uzbeki, non porta altre persone oltre al personale di bordo gli autisti e al sottoscritto. Dagli autisti, cerco di carpire alcuni segreti sulle strade, le loro condizioni o sui punti di rifornimento, ma aldilà della difficoltà di parlare con loro, visto che non conosco una parola di russo, quello che ne ottengo sono delle parziali indicazioni, talvolta controverse o discordanti, e molti “no problem”. Si sbarca a notte fonda, ma solo verso le quattro del mattino i solerti, assonnati, zelanti ufficiali kazaki, sollevano la sbarra, e posso varcare il confine fuori dal porto…grandissima emozione, sono in Kazakhistan!
Samarkand però è ancora molto lontana, ed ora che ho modificato il percorso, mi ritrovo con almeno 1500-2000 chilometri in più; un imprevisto pressoché immaginato, ma che mi obbliga a concentrarmi sul primo obbiettivo del mio viaggio, la città di Kiwa, ignorando purtroppo, tutti gli impulsi che dei luoghi del genere suscitano in un viaggiatore, dove ogni chilometro può essere origine di incontri o fotografie, scoperte.
Fuori dal porto e dalla città, sorprendentemente vivace, faccio subito incontro con il deserto; la steppa e il nulla tutt’intorno impera; habitat naturalmente ideale per cammelli e dromedari, visti per altro un milione di volte su internet, però, incrociarli improvvisamente, proprio di fronte a me, al centro della mia strada e sentirsi osservato, quasi studiato da questi curiosi e incuriositi quadrupedi che lentamente guadagnano il deserto, lasciando il pur mal concio asfalto … ebbene, ho un reale sussulto! Certe emozioni non hanno veramente prezzo! E di colpo si cancellano tutte le fatiche, tutte le paure, tutte le fobie, di un viaggio simile, e pensi:
“Eccezionale, è esattamente il posto in cui vorrei essere in questo momento.”
Il Kazakistan è pianeggiante, piatto, sarebbe facile da percorrere, se non fosse per le sue famose strade. Da qui in avanti infatti, Uzbekistan compreso, collezionerò una quantità incommensurabile di buche; grosse, grandi, profonde, taglienti, spaccanti, dure, sabbiose, paurose. I miei nervi, la mia schiena, il mio fondo schiena, la moto, il mio equipaggiamento, tutto per fortuna rimarrà integro, del tutto efficiente nella enormità di vibrazioni e colpi incassati, anche se sotto un carico importante, gravato perdi più da ulteriori 20 litri di benzina di scorta.
Raggiungo l’incantevole Khiwa nell’imbrunire del pomeriggio, ed è subito amore. Meraviglia delle meraviglie, gioiello uzbeko, costruito con sabbia e fango alle porte del deserto Turkmeno, imperdibile! Seguo ciecamente la mia rotta, verso sud, sud-est, giorno dopo giorno; mi sto allontanando da casa sempre di più e questo pensiero talvolta mi spaventa; ma l’obbiettivo, la voglia di vedere, di scoprire di vivere l’esperienza senza sconti, mi fa procedere con più determinazione, soffocando tutte le titubanze.
Il piccolo Kawa macina migliaia di chilometri, non sente fatica; la curo, la controllo e la metto sempre al riparo. Forse capisce.
Dopo Khiwa, mi lascio impressionare ancora una volta: i millenari tesori di Bukhara mi rapiscono per due giorni! Poi però, con un ultimo balzo, raggiungo Lei, finalmente, il mito, la città leggenda: Samarkanda!
“Ci sono! Ce l’ho fatta!”
Sono, veramente felice, incredulo, quasi sbalordito, e per di più, incontro di nuovo i miei amici, Luca e Matteo, che nel peregrinare del loro viaggio verso il Giappone, per ben tre volte hanno incrociato casualmente la loro strada con la mia; incredibili misteri di viaggi e viaggiatori.
Samarkanda è la leggenda, la favola; da sempre importantissima città di scambi tra oriente ed occidente, perno del commercio tra popoli e civiltà vecchie di tremila anni. I suoi edifici storici, sono delle superlative realizzazioni millenarie, traboccanti di piastrelle colorate che rivestono di fatto, moschee, cupole, minareti, torri; il Registan è l’emblema di questo scenario surreale. Il tutto, incastonato in un contesto urbano di una tranquilla città di provincia che infonde al visitatore, un fascino davvero speciale, ora, come forse millenni fa.
La meta è raggiunta, ma il viaggio è ancora lungo; invertendo la rotta, riprendo la cavalcata, ora verso nord, nord-ovest, seguendo a ritroso il percorso fatto all’andata perlomeno fino in Kazakistan.
Dopo alcuni giorni di viaggio, abbandono queste terre estreme per entrare tra le braccia della Grande Russia. Supero Astrakan, poi ancora più a nord Volgograd, meglio conosciuta come Stalingrado; Kursk, e su un manto stradale che mi sembra di velluto, velocemente percorro una Russia formalmente quieta, ma senza dimenticare, che nella sua vicina Ucraina e nella vicinissima Crimea, si spara ancora.
Kiev è a due passi; Budapest e poi l’ultimo balzo fino al lago incantato di Bled, in Slovenia.
E’ il posto giusto per una breve sosta; negli ultimi giorni ho corso parecchio verso casa, ma voglio rallentare, fermarmi per raccogliere mentalmente e metabolizzare il mio recente vissuto in alcune terre così lontane, ma che ora so, che sono raggiungibili. Non voglio perdere nulla delle sensazioni, delle esperienze, delle mille immagini, anzi, di un “Milione” di emozioni vissute in questo lungo, appassionante, faticoso, eccezionale viaggio.

Un altro sogno di un Viaggiatore trasformato in realtà.

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